03 gen Paolo amadori racconta: La pasta
Paolo Amadori racconta:
La pasta.
Pasta fresca: il web di 100 anni fa.
Oggi, la domenica ti alzi e hai le tue cose da fare, tua moglie ha le sue cose da fare, tuo figlio ha le sue cose da fare… ognuno pensa alla sua vita. Poi a mezzogiorno ci si ritrova “grosso modo” e si mangia insieme. Di pomeriggio la partita di pallone… ma un secolo fa, la televisione non c’era, il computer non c’era e tu vivevi intorno a casa tua.
Era normale che le donne andavano nei campi con i mariti e quello era il lavoro più importante e più duro. Poi ad un certo punto preparavano anche da mangiare, tra il campo, la casa, i figli e quant’altro… povere donne!
Ma ci sono dei momenti socio-culturali, per esempio domenica, dopo la Messa.
A questo proposito sono interessantissimi i saggi di Capatti, Montanari e Camporesi (“La cucina italiana. Storia di una cultura” Alberto Capatti, Massimo Montanari, Laterza 2006 – “Il campo, il fuoco, la tavola Cultura popolare nell’Emilia-Romagna, espressioni sociali e luoghi d’incontro”, Piero Camporesi, Milano: Silvana, 1977) perché ti raccontano minuziosamente usanze, tradizioni e aspetti della quotidianità.
Il pane per esempio non si faceva tutti i giorni, ma si faceva nei giorni di festa e doveva durare una settimana. “Il pane di ieri è buono domani” diceva un proverbio piemontese. Non tutti avevano un forno. Alcuni smontavano le porte di casa o su tavole infarinate depositavano la pasta per fare il pane, la coprivano di stracci e domenica mattina alle 7.00 lo portavano a cuocere. Durante il tempo di cottura le persone andavano alla Messa. I paesi erano talmente piccoli che tutto si svolgeva lì.
Dopo la benedizione, due chiacchiere, poi con le tavole che scricchiolavano, passavi al forno e ti riportavi a casa il tuo pane pronto.
I Corzetti liguri una “case history” di come nascono le specialità della cucina italiana.
Il Corzetto è una pasta di farina bianca, acqua e poco uovo, perché la conformazione senza pianure e a terrazze ligure non permette di tenere aie e quindi gli animali da cortile: le galline, le anatre e le oche non ci sono, quindi la pasta veniva fatta con pochissimo uovo.
Si dice che in Liguria, il rapporto sia di 1 uovo su 1 kg di pasta… quindi acqua e farina bianca perché siamo a nord.
Il Corzetto è una pasta stampata con lo stemma araldico, il monogramma della famiglia (proprietari terrieri) o il nome dei mezzadri che lavoravano per il padrone. Si usava uno stampo in legno di ulivo, si prendeva la pasta la si srotolava, la si stendeva con il matterello. Il Corzetto è composto da due pezzi, sovrastante e sottostante; la parte sottostante è scavata e si usa come coppa pasta o dischetto che va infarinato leggermente, messo sottosopra tra i due pezzi, schiacciato e sagomato con la forma scelta.
Una pasta di questo genere come si prepara? Non la copri di pomodoro perché se fai una pasta così bella e la copri di pomodoro non serve a niente. È una pasta che va condita con il pesto che non è una salsa vera e propria, infatti “sporca” un po’ la pasta ma non nasconde il lavoro estetico che è stato fatto.
“Un salto in Padania: tutta un’altra faccenda…”
Passati gli Appennini (che iniziano proprio in Liguria) arriva la pianura padana che parte dal Piemonte e arriva a Venezia e sotto Ravenna. Lì abbiamo grandi zone pianeggianti, grandi possedimenti, grandi aie e quindi tante uova.
Infatti, ci sono i cascinali che sono “corti chiuse” dove metti dentro tutti i conigli, le anatre, le galline e le uova sono in abbondanza e sono alla base della produzione di pasta.
In Liguria si fanno paste corte, perché mancando uova, c’è mancanza di lecitina e la pasta si strappa in lavorazione, in cottura oppure rimane “gnucca” (gommosa).
Dove invece si ha abbondanza di uova, la pasta si può stendere per le tagliatelle per le paste lunghe… oppure si stende ancor di più e la si farcisce perché si hanno tante uova quante bestie, e quindi le parti buone si vendono e le altre si mettono a brasare…
Quindi si tiene il brasato, lo si macina (es: Agnolotto del Plin, Piemonte) diventa farcia e l’altra parte del brasato diventa la salsa.
“La pasta quindi, in tutta la pianura padana, è un contenitore.”
“Mi piace l’Italia per la sua cucina e per la sua cultura!” è la tipica frase che sento dire dai ragazzi stranieri che incontro per qualche evento o corso…
“Eh no!” dico io: “Cucina è Cultura, perché noi siamo ciò che mangiamo, veramente!”.
Le culture che hanno reinventato un cibo industriale sono vuote.
Noi mangiamo i taralli, i grissini, noi siamo queste cose qua.
Alla domenica la mamma fa la pasta e tutti aiutiamo a chiudere il tortellino.
Vi siete chiesti mai perché ci sono così tanti modi e forme diverse per chiudere un tortellino o un cappelletto?
Quando si mangia uno spaghetto, una penna, un fusillo, si mangia sempre la stessa cosa:
farina di semola di grano duro mescolata all’acqua, per essere classificata pasta secca deve per legge avere un contenuto d’acqua inferiore al 13% (sopra si sviluppano le muffe).
Si aggiungono vitamine e sali minerali. Poi c’è la pasta secca all’uovo che è da evitare…
Perché non mangiamo tutti i giorni gli spaghetti…? Oggi cosa facciamo? Mangiamo le penne!
Psicologicamente ci sembra di mangiare una cosa diversa.
E il tortellino con la coda, il casoncello, il bolognese, il ferrarese, la coppietta, la cresta di gallo del piacentino… è sempre la stessa roba, però ha forme diverse.
La gente mi chiede qual è la ricetta migliore per la pasta fresca? Ma come fai a rispondere…
Di base hai 100 gr. di farina per un uovo, cioè l’uovo tecnicamente pesa 50 gr. circa, dove 30 gr sono di albume e 20 di tuorlo. Le due cose mescolate e battute molto bene messe dentro 100 gr di farina ti danno un impasto base di pasta fresca.
Da lì poi esistono 1 milione di ricette e oltre il milione di ricette… c’è sempre la tua!
Per esempio, ritornando ai Corzetti liguri, per mantenere il disegno affinché bollendo non si appiattisca, devi metterci una parte acida che reagisce con l’amido della farina e dà struttura.
Quindi su un kg di farina, metti dentro 1 o 2 cucchiai di aceto di vino bianco o di vino copio o qualche goccia di succo di limone e in bollitura il Corzetto non si muove più. E questa si chiama CUCINA CUCINATA ed è un’altra storia.